Il 1 dicembre 2017 il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin si è rivolto ai partecipanti all’incontro del Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa russa. Sua Santità il Patriarca Kirill di Mosca e Tutta la Rus’ ha risposto al Capo dello Stato.

Egregio Vladimir Vladimirovich! Venerati Fratelli nell’episcopato!

Oggi commemoriamo un evento storico: il Capo dello Stato russo visita il Concilio episcopale giubilare, dedicato al centenario della restaurazione del Patriarcato nella nostra Chiesa. Un Concilio che pone e risolve questioni di attualità molto importanti relative alla vita spirituale dell’uomo, al suo benessere, alla sua salute morale ed etica. Un Concilio che non evita di affrontare argomenti complessi, compresi quelli legati alla nostra storia. Spero vivamente che le decisioni di questo Concilio aiuteranno la nostra Chiesa, in dialogo con la società, ad andare avanti e a contribuire alla risoluzione dei problemi che le persone devono affrontare ai nostri giorni.

Nell’anno del 100° anniversario dei noti eventi rivoluzionari è impossibile evitare l’analisi del passato, e in questa occasione, in cui nella sala del Concilio della Chiesa insieme a noi c’è il Capo dello Stato, vorrei dire qualche parola circa il difficile percorso dello sviluppo delle relazioni Chiesa-Stato.

Nella Russia zarista, la Chiesa era una Chiesa statale, a capo di essa c’era l’imperatore, ed era governata da un’amministrazione burocratica, chiamata Procuratura generale del Santo Sinodo Governante. Alla vigilia della rivoluzione, le migliori menti, sia della Chiesa che dello Stato, hanno iniziato a riflettere sul ruolo della Chiesa nella società russa e su cosa occorresse fare per rendere questo ruolo più evidente. In un momento molto difficile, circa un anno prima della rivoluzione del 1905, l’allora primo ministro Witte si rivolse all’imperatore con un memorandum, in cui indicava che una delle ragioni della perdita dell’influenza della Chiesa sul popolo consisteva nel fatto che tra la Chiesa e il più alto potere statale, tra la Chiesa e il popolo c’era come uno strato burocratico, riferendosi alla istituzione statale burocratica. In effetti, non c’era un dialogo diretto tra la Chiesa e il più alto potere statale, e senza l’intervento dello Stato non esisteva un dialogo diretto tra la Chiesa e l’intera società.

Dopo gli eventi rivoluzionari, quando sono stati proclamati i principi della separazione tra Stato e Chiesa, sembrava che lo Stato si sarebbe astenuto dallo svolgere un ruolo così pericoloso per l’integrità dello Stato e del popolo, separando la Chiesa da ogni possibile dialogo diretto con la popolazione. Ma accadde il contrario: letteralmente fin dai primi giorni dell’esistenza del nuovo governo, attraverso i servizi segreti dell’epoca sovietica, iniziarono i tentativi di ripetere la stessa politica che esisteva prima della rivoluzione, cioè coordinare le nomine, controllare tutto ciò che accadeva a livello delle più alte decisioni ecclesiastiche. In altre parole, interferire nella vita della Chiesa, perseguendo obiettivi specifici. Per di più, in quel momento gli interessi ideologici si unirono agli interessi nazionali.

E quando negli anni ’90 iniziarono i cambiamenti e la Chiesa dichiarò chiaramente che non ci dovevano essere incagli burocratici, ci furono delle teste calde tra i nostri rivoluzionari di allora. Fu persino proposta la creazione di un ministero per le questioni religiose, e alcuni personaggi famosi che partecipavano attivamente al cambiamento politico, non solo volevano, ma offrirono persino la propria candidatura alla carica ipotetica di nuovo procuratore generale.

Vorrei ringraziarVi di cuore per il fatto che in Russia oggi non esiste alcuno strato burocratico che si frapponga tra Stato e Chiesa. C’è un dialogo tra il Patriarca e il Presidente, tra la più alta autorità ecclesiastica e i ministeri e i dipartimenti competenti. Lungo tutta la linea della nostra vita è in corso un dialogo diretto che permette alla Chiesa di formulare la sua comprensione di ciò che sta accadendo nel Paese, nel popolo, di prestare attenzione a temi come la moralità pubblica, la vita sociale, le questioni ambientali, la dimensione morale dei problemi di politica estera e interna. Tutto ciò forma nella società una chiara comprensione della posizione indipendente della Chiesa. E la cosa più importante, forse, è che questa posizione si basa sugli stessi principi morali su cui si basa la nostra legislazione oggi. Questi principi derivano dalla nostra tradizione spirituale e morale, che oggi non è contestata dallo Stato russo.

Non c’è niente di più serio e importante di un consenso morale nella società. Se esiste un consenso intorno ai principali valori morali, allora tutte le relazioni sociali si formano in maniera armoniosa, si produce una legislazione accettabile per la gente e la pratica politica risponde agli interessi della popolazione.

E qui vorrei sottolineare il grande ruolo svolto personalmente da Voi. Vi ringrazio per il dialogo che stiamo portando avanti insieme, per il dialogo che i capi dei ministeri e dei dipartimenti portano avanti con le organizzazioni e le strutture specializzate corrispondenti della Chiesa ortodossa russa, per l’atmosfera di apertura in cui la nostra società vive oggi. Penso che sia questa apertura a garantire i sicuri successi della nostra Patria nel prossimo futuro.

A nome del Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa russa, vorrei augurarVi, egregio Vladimir Vladimirovich, lunga vita, buona salute, e l’aiuto di Dio nell’alta missione che il Signore Vi ha affidato attraverso la volontà del popolo. E’ proprio così che noi capiamo ciò che avviene nella storia delle persone: il libero arbitrio delle persone è unito alla Divina Provvidenza. Che il Signore Vi custodisca.