Il 14 febbraio 2010, come ogni anno alla vigilia della Quaresima, la Chiesa Ortodossa Russa ha celebrato la “domenica del perdono”, durante la quale tutti i fedeli si chiedono reciprocamente perdono prima di entrare nel tempo liturgico della Quaresima. Quest’anno alla stessa domenica è stata anticipata la festa liturgica della Presentazione al tempio (15 febbraio secondo il calendario gregoriano), affinché questa non coincidesse col primo giorno della Quaresima.

Il metropolita di Volokolamsk Hilarion Alfeev ha celebrato il 14 febbraio la divina liturgia in occasione di entrambe le feste, nella chiesa moscovita dedicata all’icona della Madonna “Gioia di tutti i sofferenti”, di cui è parroco.

Durante l’omelia, il metropolita si è riferito alla festa della Presentazione al tempio, il cui nome slavo, Sretenie, significa “accoglienza, incontro”: il vecchio Simeone che accoglie tra le braccia il Messia è infatti simbolo dell’incontro tra l’Antico e il Nuovo Testamento.

«Nella festa della Presentazione al tempio ricordiamo un avvenimento che ha avuto luogo subito dopo la nascita di Gesù: la Vergine Madre e il giusto Giuseppe hanno portato il Bambino al tempio, dove sono stati accolti dal vecchio Simeone, che da molti decenni prestava il suo servizio presso il tempio e al quale era stato promesso che non sarebbe morto prima di aver visto coi propri occhi il Salvatore. Ed ecco che il giusto Simeone prende tra le braccia il Bambino e gli rivolge quelle parole che noi pronunciamo in ogni celebrazione del Vespro: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza”», ha detto nella sua omelia il metropolita.

«Per quest’uomo che ha incontrato nella sua vita il Salvatore si è compiuto il senso dell’intera esistenza, poiché tutto il nostro stare in questo mondo non è altro che un’attesa dell’incontro col Signore. Questo incontro finale avverrà quando oltrepasseremo la linea che ci separa dall’altra vita, ma già ora, in questa vita, Dio ci dà la possibilità di incontrarlo nella preghiera, nel rapporto con Lui, e particolarmente nella comunione ai Sacri misteri. Infatti, ogni volta che riceviamo l’eucarestia, accogliamo in noi lo stesso Signore e Salvatore e i nostri occhi, come gli occhi del giusto Simeone, contemplano il Salvatore del mondo. Quando ci comunichiamo al corpo e al sangue di Cristo si avvera ancora una volta quanto è accaduto alla Presentazione al tempio: non siamo noi che prendiamo il Signore in noi come Simeone lo tenne nelle braccia, ma è Lui che ci accoglie all’interno della sua vita divina, è Lui che ci fa entrare nella sua intimità, che ci permette di unirci a Lui, spiritualmente e fisicamente. E’ questo “l’Incontro”, nome e significato della festa di oggi: quell’incontro che avviene nella vita di ognuno di noi, che è accessibile a tutti noi, ogni volta che veniamo al tempio».


Sua Eminenza ha ancora sottolineato che, accogliendo in sé, nell’eucarestia, il Salvatore del mondo, ogni cristiano, come il vecchio Simeone, vede un nuovo mondo, nel quale un giorno vivrà in eterno. La Chiesa ci invita a prepararci a questa nuova vita e all’incontro definitivo col Signore anche attraverso la Quaresima: essa è un tempo nel quale siamo invitati a riflettere sul senso della nostra vita, a guardare dentro di noi e vedere la nostra inadeguatezza e debolezza, per portare a Dio degni «frutti di conversione».
Hai poi aggiunto: «Il cammino della Quaresima inizia con la domenica che è comunemente chiamata domenica del perdono. In questo giorno, secondo un’antica tradizione della Chiesa, dobbiamo tutti perdonarci a vicenda per tutto ciò di cui ci siamo resi colpevoli gli uni verso gli altri. Chiedere e concedere il perdono è una condizione necessaria per entrare nel cammino spirituale della Quaresima.
La Chiesa ci invita alla penitenza, ma ciò significa non soltanto pentirci dei peccati che abbiamo commesso, ma cambiare il nostro atteggiamento nei confronti della vita, il nostro rapporto con gli altri, correggendo gli errori che abbiamo fatto».
Il metropolita Hilarion ha poi chiesto perdono a tutti i parrocchiani a nome proprio e degli altri chierici della parrocchia: «Innanzitutto vi chiedo di perdonarci per il fatto che noi sacerdoti non sempre siamo all’altezza del nostro ministero, non sempre troviamo le forze fisiche e spirituali per essere attenti alle vostre necessità, per accogliere ognuno di voi nel nostro cuore, per accogliere i dolori e le gioie di ognuno.
Vi chiediamo perdono, e chiediamo anche a voi di perdonarvi a vicenda. Che ognuno di noi oggi si chieda chi abbiamo offeso e anche chi ci ha offesi. Il perdono infatti è un processo che ha due movimenti. Dobbiamo prima di tutto chiedere perdono a quanti abbiamo offeso, a coloro ai quali abbiamo recato danno, volontariamente o involontariamente, a coloro verso i quali non abbiamo avuto abbastanza amore, bontà, umiltà. Nello stesso tempo, dobbiamo perdonare quanti ci hanno offeso, quanti, coscientemente o no, ci hanno fatto del male; perdonare quelli nei cui confronti serbiamo in cuore risentimenti, rancore.
Dobbiamo liberarci del tutto da questi pesi delle nostre colpe e di quelle altrui, per poter entrare nella Quaresima con buona coscienza, con un cuore mite e nella pace. Così porteremo, come dice la Scrittura, frutti degni di conversione».