Il 7 e l’8 maggio nella città egiziana di Giza estremisti musulmani hanno dato fuoco a due chiese copte. 12 persone sono morte e circa 200 sono rimaste ferite. In seguito a questi episodi il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa Russa, ha rilasciato la dichiarazione seguente.

La Chiesa Ortodossa Russa con gran dolore ha appreso la notizia della tragica morte dei cristiani egiziani e degli incendi provocati nelle chiese copte in seguito ai disordini nella città di Giza il 7 e l’8 maggio. Preghiamo per il riposo eterno delle vittime di questa tremenda tragedia e esprimiamo le nostre condoglianze ai familiari e parenti dei defunti.

Ancora di recente, l’Egitto era considerato un buon esempio di convivenza pacifica tra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana. Tuttavia, gli avvenimenti degli ultimi tempi, a cominciare dall’atto terroristico realizzato nei pressi di una chiesa copta ad Alessandria nella notte di capodanno, e fino agli attuali incendi causati nelle chiese di Giza, causano apprensione e dolore a molti milioni di credenti di tutto il mondo.

La Chiesa Ortodossa Russa già da qualche tempo cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale circa i tentativi di sfruttare le differenze religiose per aggravare i conflitti sociali negli ultimi mesi in Egitto. Purtroppo questi processi non sono finiti dopo i cambiamenti politici che tutti conosciamo nel Paese.

Noi sosteniamo le misure adottate dal governo per porre fine ai disordini a Giza, stabilite in seguito alle dichiarazioni dei leader musulmani egiziani che senza mezzi termini hanno condannato l’operato degli estremisti violenti di questa provincia. Speriamo che in avvenire i responsabili della comunità islamica esortino con forza i propri seguaci a rinunciare ad ogni forma di attentato alla vita e libertà religiosa dei cristiani egiziani, che per secoli hanno vissuto insieme ai musulmani in rapporti di pace e buon vicinato.

Siamo convinti che il futuro politico dell’Egitto sia inimmaginabile senza la difesa delle comunità cristiane locali, che hanno sempre sostenuto lo stato di diritto e l’ordine nel Paese. Garantire i diritti della minoranza cristiana è un problema interno e un obbligo per le autorità egiziane. E proprio nelle legittime autorità dello stato noi vorremmo vedere i garanti della pace interreligiosa in Egitto.

I fatti avvenuti recentemente in Egitto, non sono purtroppo che una parte di un processo globale concernente la vita dei cristiani in una serie di Paesi in cui essi rappresentano una minoranza religiosa. La continua crescita delle persecuzioni contro i cristiani nelle regioni del mondo in cui essi hanno vissuto per molti secoli non può che suscitare una seria inquietudine. Questa cristianofobia, che si esprime in attentati alla vita e ai diritti dei nostri fratelli in tutto il mondo, negli ultimi anni sta acquistando i caratteri di un’azione sistematicamente pianificata e realizzata; diverse organizzazioni internazionali, comprese l’ONU e il Parlamento Europeo, hanno a questo proposito già espresso la propria preoccupazione.

Molto si fa nel mondo per lottare contro l’antisemitismo, l’islamofobia e altri fenomeni negativi che vorrebbero limitare i diritti della persona secondo la sua appartenenza confessionale. I Paesi europei prestano una particolare attenzione alla tutela dei diritti delle minoranze non-cristiane del continente, garantendone la libertà religiosa e dando ad esse garanzie sociali di ogni tipo. Purtroppo, nonostante la flagrante minaccia per la vita dei cristiani, il problema della cristianofobia non è diventato oggetto di una cura particolare del governo nei Paesi in cui la comunità cristiana costituisce una minoranza religiosa. Speriamo che l’Egitto, che ha appena aperto una nuova pagina della propria storia politica, si occupi seriamente della difesa della minoranza cristiana, e che negli altri Paesi in cui i cristiani sono oggetto di discriminazione e persecuzione, i governi adottino misure adeguate per la loro difesa.

Esortiamo la comunità internazionale, e prima di tutto i Paesi europei, che storicamente hanno sostenuto la sorte dei cristiani negli altri continenti, ad elaborare un meccanismo generale di difesa delle comunità cristiane del mondo intero, basato sul dialogo aperto e la collaborazione onesta tra gli stati, le comunità religiose storiche e la società civile. Soltanto ponendo il tema della difesa dei diritti dei cristiani  all’ordine del giorno della comunità internazionale e facendo ogni sforzo per la sua soluzione si potranno evitare tragedie come quelle appena avvenute a Giza.