IL METROPOLITA HILARION PARLA AL SOLE 24 ORE
Nell’intervista concessa al Sole 24 Ore, Hilarion mette l’accento sul cammino compiuto dalle due Chiese dopo l’incontro a Cuba, e sulla necessità di collaborare per la soluzione delle grandi crisi in cui si dibatte il mondo, in particolare il dramma dei cristiani in Medio Oriente. Proprio come aveva detto Pietro Parolin nell’intervista pubblicata nel luglio scorso sul Sole 24 Ore : «La questione della pace e della ricerca di soluzione alle varie crisi in corso dovrebbe essere posta al di sopra di qualsiasi interesse nazionale o comunque parziale».
Eminenza, il 27 luglio scorso il segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha detto che la sfida di oggi, mentre vediamo sottolineate le differenze tra Europa occidentale e Russia, tra Russia e Stati Uniti, è «contribuire a una migliore comprensione reciproca», e costruire un dialogo aperto e rispettoso. Qual è il suo pensiero? Come valuta i progressi compiuti nel dialogo tra cattolici e ortodossi?
Non si possono non condividere le parole del cardinale Parolin sulla necessità di costruire un dialogo aperto e franco sia tra le Chiese che tra Stati. E sono lieto di far notare che negli ultimi dieci anni è stato realizzato un progresso significativo tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana, così come tra la Russia e la Santa Sede. La collaborazione bilaterale tra le nostre Chiese si snoda in diversi campi. È divenuta possibile grazie a una consapevolezza sempre maggiore di quanto ci unisce la tradizione spirituale del primo millennio della cristianità.
Il richiamo a questa comune tradizione si riflette nella vicinanza tra le due Chiese sulle questioni più attuali del nostro tempo, legate prima di tutto alla crisi dei valori spirituali e all’esclusione della religione dalla sfera della vita sociale nei Paesi occidentali. Negli ultimi anni, purtroppo, è diventato sempre più attuale il problema della persecuzione e discriminazione dei cristiani a opera di estremisti in diverse regioni del mondo. Un problema che preoccupa profondamente tanto la Chiesa ortodossa russa quanto la Santa Sede, e che ci spinge a unire le forze alla ricerca di una soluzione.
Riflesso concreto di questa fiducia e comprensione reciproca è stato l’incontro tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco, lo scorso anno a L’Avana.
C’è anche l’aspetto politico del legame tra Mosca e la Santa Sede…
Anche le relazioni tra Russia e Vaticano negli ultimi tempi si sono sviluppate proficuamente. Una dinamica positiva evidenziata dall’avvio di piene relazioni diplomatiche a livello di ambasciate, a fine 2009. Russia e Vaticano hanno posizioni vicine sul fronte della lotta all’estremismo in Siria. Come sapete, nel settembre 2013 Papa Francesco scrisse una lettera al presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, invitandolo a contribuire alla pace in Siria. È stato in gran parte grazie alla posizione concordata allora tra Russia e Vaticano che si è riusciti a evitare un intervento militare in territorio siriano, cosa che avrebbe solo aggravato la situazione nel Paese.
Riguardo alla situazione in Ucraina, la Santa Sede ha assunto una posizione ponderata, evitando valutazioni unilaterali. Il Vaticano invita al dialogo e a mettere fine alle azioni militari tra le due parti in conflitto, e insiste sul rispetto degli accordi di Minsk. Noi aspettiamo con entusiasmo la visita a Mosca del cardinale Parolin, perché gli incontri che stiamo preparando aiuteranno a unire i punti di vista e a elaborare una visione comune e diverse soluzioni ai vari problemi.
Durante l’incontro a Cuba, nel febbraio dell’anno scorso, il Patriarca Kirill e Papa Francesco hanno affrontato le crisi più gravi del mondo contemporaneo. Da allora, quali passi sono stati compiuti nel cammino di riavvicinamento tra le due Chiese?
Nell’incontro a L’Avana il Papa e il Patriarca hanno discusso i problemi più attuali nelle relazioni ortodossi-cattolici e per la situazione nel mondo. Osservando, nella loro dichiarazione comune, che «la civiltà dell’uomo è entrata in un periodo di cambiamenti epocali», i rappresentanti delle due Chiese sottolineano la necessità di unire gli sforzi di cattolici e ortodossi nei campi in cui è possibile e necessario: «La coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci permettono di restare indifferenti alle sfide che richiedono una risposta comune».
Sono convinto che lo sviluppo della collaborazione tra ortodossi e cattolici nelle sfere in cui le nostre Chiese hanno una posizione comune, o vicina, renderà possibile il superamento di preconcetti pluriennali, e il raggiungimento della comprensione reciproca.
Nell’anno trascorso dall’incontro a L’Avana non poco è stato fatto in questa direzione. Come è noto, il motivo principale all’origine dell’incontro stesso è stata la tragica situazione in cui si sono ritrovati i cristiani del Medio Oriente e di altre regioni a causa dei conflitti armati e degli estremismi. Un passo concreto verso lo sviluppo della collaborazione tra ortodossi e cattolici su questo fronte è stata la visita di un gruppo di rappresentanti della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa cattolica di Roma in Libano e in Siria, nell’aprile 2016. Le consultazioni condotte con le confessioni locali durante la visita devono essere la base per la definizione di ulteriori progetti comuni diretti al sostegno dei fratelli e delle sorelle che vivono tali drammi.
In seguito all’invito lanciato a L’Avana, nel 2017 cattolici e ortodossi hanno organizzato una serie di iniziative comuni per la difesa dei cristiani in Medio Oriente. Così, nel gennaio 2017 si è svolto a Parigi il 5° Forum europeo ortodosso-cattolico, dedicato al tema della minaccia del terrorismo, legato direttamente alla situazione in Medio Oriente. Un evento importante è stato il Summit mondiale in difesa dei cristiani perseguitati, a Washington nel maggio scorso, con 600 rappresentanti delle Chiese di 136 Paesi. Il summit è nato dall’iniziativa congiunta della Chiesa ortodossa russa e l’Associazione evangelica di Bill Graham. Vi hanno partecipato l’arcivescovo di Washington, cardinale Donald Wuerl, e membri del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
Papa Francesco e il Patriarca Kirill hanno parlato anche della situazione in Ucraina…
Nella dichiarazione comune tra il Papa e il Patriarca bisogna sottolineare l’invito a un’attiva pacificazione e alla solidarietà sociale in Ucraina. Siamo grati alla Santa Sede per l’appoggio alla Chiesa ortodossa ucraina che si è espresso nella condanna dei progetti di legge n. 4128 e 4511, in esame alla Verkhovna Rada (il Parlamento ucraino, ndr). La loro adozione conferirebbe base legale all’esproprio delle chiese della Chiesa ortodossa ucraina, e alla sua discriminazione. La discussione su questi disegni di legge è stata sospesa, ma non ci sono garanzie che non venga ripresa in una nuova stagione politica.
Da ultimo, un risultato positivo dell’incontro a L’Avana è stato un fatto senza precedenti: il trasferimento di parte delle reliquie di San Nicola di Bari a Mosca e a San Pietroburgo, a maggio e giugno 2017. Per due mesi, quasi due milioni e mezzo di fedeli da Russia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia e altri Paesi hanno potuto rendere omaggio alle reliquie. San Nicola è uno dei santi più venerati all’Est, come in Occidente. Trasferire da Bari alla Russia parte di queste reliquie è stata una testimonianza concreta di quella tradizione spirituale del primo millennio che unisce cattolici e ortodossi, al di là delle divergenze.
Dobbiamo sviluppare la collaborazione in tutte le direzioni indicate per poter risolvere tanti problemi che preoccupano il mondo contemporaneo.
Si aspettava una tale partecipazione da parte dei pellegrini?
San Nicola è sempre stato uno dei santi più venerati dal popolo russo, a nessun altro santo sono dedicate tante chiese. In primo luogo questa dedizione è legata alla fede della nostra gente, convinta che presto San Nicola risponderà alle loro preghiere e verrà in loro aiuto. Per questo non deve meravigliare che siano venuti così in tanti, pronti a restare in fila per ore, malgrado il maltempo. Con questo pellegrinaggio i fedeli hanno testimoniato la loro fede viva, che 70 anni anni di persecuzione della Chiesa non hanno potuto distruggere. E non soltanto i pellegrini hanno mostrato una fede sincera, ma anche i volontari che li hanno aiutati. Se all’inizio erano soltanto 2.000, alla fine i volontari sono stati più di 14mila. Per la maggior parte giovani, ragazzi e ragazze delle scuole pubbliche.
Si è trattato di un passo importante nello sviluppo del legame tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa di Roma. Non di un dialogo a livello di prelati o teologi, ma della partecipazione di milioni di fedeli, grati per la possibilità di baciare i resti del santo più venerato, una devozione che unisce nei fatti i cristiani dell’Est e dell’Ovest.Il trasferimento da Bari alla Russia delle reliquie è stato una testimonianza concreta di quella tradizione spirituale del primo millennio che unisce cattolici e ortodossi, al di là delle divergenze.
Come si iscrive in questo contesto la visita del cardinale Parolin a Mosca? Che aspettative avete, quale potrebbe essere per voi il risultato più grande?
L’invito a Mosca al cardinale Parolin rientra nell’ambito delle relazioni di Stato tra Russia e Vaticano, che negli ultimi anni si sono intensificate grazie alla vicinanza nelle posizioni di Russia e Santa Sede in tutta una serie di questioni dell’agenda internazionale. Come ho già notato, questo riguarda soprattutto la situazione in Medio Oriente e in Ucraina. Come ha detto lo stesso cardinale, proprio il Medio Oriente e l’Ucraina saranno i temi principali dei suoi colloqui con il presidente e il ministro degli Affari esteri della Federazione Russa.
Ma la visita a Mosca del segretario di Stato Vaticano ha naturalmente un grande significato anche per le relazioni tra il Patriarcato di Mosca e la Chiesa cattolica romana. Accanto ai colloqui con i leader politici, il cardinale incontrerà il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. E si incontrerà con me, come presidente del dipartimento internazionale del Patriarcato di Mosca – struttura responsabile per le attività estere della Chiesa russa. Discuteremo l’intero spettro delle relazioni bilaterali tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica, e spero che tracceremo nuove prospettive per il loro sviluppo.
In che modo la Chiesa ortodossa russa, insieme ai rappresentanti delle altre grandi confessioni, aiuta il popolo siriano?
La Chiesa ortodossa russa ha sempre sostenuto i legami di amicizia con i popoli del Medio Oriente, considerando come propri i loro drammi. Dai primi giorni della guerra in Siria, il Patriarca di Mosca alza instancabilmente la voce in difesa dei suoi abitanti, sollevando questo tema in tutte le sedi più autorevoli, in Russia e all’estero, comprese le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa e l’Osce. Con la benedizione del Patriarca Kirill in tutte le nostre chiese e nei monasteri si organizzano raccolte per l’acquisto di aiuti umanitari. Poi con l’aiuto delle strutture statali competenti gli aiuti vengono mandati alle legittime autorità siriane. A questo scopo delegazioni miste, religiose e statali, si sono recate più di una volta a Damasco.
Infine, nell’aprile 2017 sotto l’egida del Consiglio presidenziale per la cooperazione con le istituzioni religiose è stato istituito un gruppo di lavoro di cui fanno parte delegati di confessione cristiana e musulmana. Tra le sue attività la raccolta di generi di prima necessità e medicine che in giugno sono stati inviati in Siria. Tutti i partecipanti al progetto intendono continuarlo nel prossimo futuro.
Tornando ai rapporti tra cattolici e ortodossi, qual è a suo avviso il più grande ostacolo che ancora si pone tra le due Chiese?
La questione più delicata nelle relazioni tra le nostre Chiese è l’”unia”, che da secoli danneggia pesantemente i rapporti tra ortodossi e cattolici (si definiscono uniate le chiese orientali con rito proprio che, in età moderna, ristabilirono la comunione con la Chiesa di Roma, ndr). Nella dichiarazione comune di Papa Francesco e del Patriarca Kirill si sottolinea che «il metodo dell’uniatismo del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità».
Oggi è possibile osservare le conseguenze devastanti dell’unia per l’Ortodossia nelle azioni provocatorie e aggressive della Chiesa greco-cattolica ucraina, cresciute di intensità dopo i fatti di Kiev del febbraio 2014. Negli ultimi anni abbiamo ascoltato dalla dirigenza uniate una gran quantità di dichiarazioni politicizzate e aggressive, offensive nei confronti della Chiesa ortodossa russa e del suo Rappresentante. Assistiamo a un’espansione del proselitismo, che si manifesta nella formazione di nuove strutture canoniche della Chiesa greco-cattolica ucraina nelle terre tradizionalmente ortodosse nel Sud e nell’Est dell’Ucraina. Ci sono stati chiari inviti alla violenza e tentativi di esproprio di chiese ortodosse da parte degli uniati. Questi attacchi non possono certo aiutare la comprensione e la fiducia tra la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica romana. E tuttavia non perdiamo la speranza di poter trovare in futuro una soluzione a questi gravi problemi. Siamo anche riconoscenti a Papa Francesco per la comprensione che ha della posizione del Patriarcato, e la sua disponibilità a una collaborazione costruttiva.
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