Dichiarazione del servizio delle comunicazioni del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca.

I tragici eventi riguardanti il terrore senza precedenti, scatenato contro i cristiani in Iraq da parte di terroristi, spinge la Chiesa ortodossa russa a levare ancora una volta la propria voce in loro difesa.

In Iraq, fino al 2003, vivevano circa un milione e mezzo di cristiani. La diffusione, iniziata dieci anni fa, del radicalismo religioso e del banditismo, i continui atti terroristici, lo sterminio e la discriminazione dei cristiani, hanno costretto la maggior parte della popolazione cristiana a lasciare il paese.

Nel mese di giugno 2014 nel nord dell’Iraq è stata lanciata l’offensiva del movimento estremista militante “Stato islamico dell’Iraq e del Levante” (ISIL), precedentemente noto per le brutali repressioni della popolazione cristiana pacifica della Siria.

Con l’invasione di Mosul da parte dei militanti, il 6 giugno 2014, i cristiani, temendo le persecuzioni, hanno cominciato a fuggire in massa dalle loro case. Secondo l’agenzia di stampa AINA, tutte le 45 chiese cristiane a Mosul sono state distrutte, saccheggiate o trasformate in moschee. 11 chiese sono state completamente bruciate.

Il 7 luglio 2014, nel corso della riunione dei Primati delle Chiese del Medio Oriente in Libano, il capo della Chiesa cattolica caldea, Louis Raphael I Sako, ho riportato le testimonianze di testimoni oculari secondo cui i militanti dello “Stato islamico” hanno distrutto le croci sulle chiese, bruciato manoscritti antichi e oggetti liturgici. Ai cristiani è stato ordinato di abbandonare Mosul o convertirsi all’Islam, quanti si sono rifiutati sono stati sottoposti a crudeli esecuzioni. Attualmente a Erbil si trovano 70 mila rifugiati cristiani, molti dei quali sono costretti a dormire per strada, a Dohuk più di 60 mila. I mass media riferiscono che uomini armati a Mosul spesso uccidono bambini cristiani decapitandoli, e ne espongono le teste mozzate a intimidazione della popolazione. Le donne sono sottoposte a brutale violenza.

Il 7 Agosto 2014 gli estremisti hanno conquistato la città di Karakosh, abitata in prevalenza da cristiani. Hanno abbandonato la città circa 50 mila cristiani. Parte dei cristiani si sono rifugiati a Erbil e in altre parti del Kurdistan iracheno. Secondo le organizzazioni di beneficenza in Iraq, i rifugiati, molti dei quali si nascondono tra le montagne, patiscono una grave carenza di acqua, cibo e vestiti, la gente nei campi profughi comincia a morire di fame e di sete. Nonostante i tentativi delle autorità irachene di far arrivare aiuti, il disastro umanitario continua e cresce.

L’aggressione brutale contro i cristiani in Iraq acquisisce un carattere sistematico, diventando un vero e proprio genocidio. Gli ideologi del cosiddetto “Stato islamico” cercano di realizzare il piano dello sterminio totale o l’espulsione dei cristiani dai territori occupati, commettendo massacri, deportando con la forza intere comunità, privandole di tutti i beni. Nel contempo, in vari paesi europei, sostenitori di questo gruppo organizzano manifestazioni aperte e diffondono simboli dei militanti.

Già da diversi anni, la Chiesa ortodossa russa solleva il tema della difficile condizione dei cristiani in questa regione. “Ancora una volta, affermiamo la necessità di porre fine alla violenza, riprendere il dialogo politico pacifico, chiedendo la protezione delle minoranze religiose perseguitate. Vorrei sottolineare che l’aumento dell’estremismo di matrice religiosa è una seria sfida per la comunità mondiale”, ha detto il 28 Maggio 2014 il Patriarca di Mosca e tutta la Rus’ Kirill.

Il terrore degli estremisti contro i cristiani e i membri di altre religioni in Iraq richiede una ferma condanna. Il Patriarcato di Mosca chiede a tutte le forze politiche coinvolte e alle persone di buona volontà di fare ogni sforzo per proteggere le minoranze religiose in Iraq. La scomparsa della antica presenza cristiana avrà conseguenze disastrose di vasta portata per l’intera regione. Esprimiamo la nostra solidarietà con i nostri fratelli e le nostre sorelle in Cristo sofferenti, e ci auguriamo che la comunità internazionale prenda tutte le misure necessarie per la salvezza della comunità cristiana in Iraq.