Preoccupazione della Chiesa Russa per manifestazioni di cristianofobia in Gran Bretagna
La Chiesa Ortodossa Russa ha espresso la propria sorpresa per la discriminazione dimostrata dalle autorità statali britanniche, che da un lato vietano di portare la croce battesimale al collo nei luoghi di lavoro, dall’altro mostrano grande tolleranza nei confronti di altri simboli religiosi e non religiosi.
«Questa decisione da parte delle autorità della Gran Bretagna è motivo di preoccupazione, soprattutto in considerazione dell’esistenza, nelle società europee moderne, di tendenze contrarie, volte alla liberalizzazione di ogni istinto umano. Perché la dimostrazione pubblica della propria appartenenza a un club gay è considerata norma corrente nel Regno Unito, mentre portare la croce battesimale non lo è? Esistono i più diversi simboli legati alla cultura gay, ma provate soltanto a licenziare una persona che dimostri apertamente il proprio orientamento omosessuale. E’ chiaro che questa persona farà uno scandalo e, molto probabilmente, otterrà la propria reintegrazione. Perché invece gli antichi simboli dei cristiani dovrebbero essere pericolosi, chi possono offendere?», ha dichiarato martedì Vladimir Legoida, presidente del Dipartimento sinodale per l’informazione del Patriarcato di Mosca. Un altro esempio dell’utilizzo di due pesi e due misure da parte del governo britannico è il rapporto con i sikh. Secondo quanto sostiene il rappresentante della Chiesa Russa i sikh, compresi quelli di loro che lavorano nella polizia di Londra, sono ufficialmente autorizzati a portare il turbante, uno dei simboli della loro religione.
Vladimir Legoida considera la decisione delle autorità britanniche un «segnale molto inquietante». Esso mostra l’impossibilità di dimostrare pubblicamente la propria appartenenza al cristianesimo; se le cose stanno così, «chi può essere sicuro che un domani le autorità non ci dicano: “scrivete pure: chiesa tal dei tali, ma togliete le croci, e non soltanto dalle cupole, ma qualsiasi raffigurazione della croce”». Tale stato di cose non può essere considerato altro che una manifestazione di cristianofobia, i cui esempi diventano sempre più frequenti nella società moderna.
Inoltre, questa situazione, secondo il rappresentante del Patriarcato di Mosca, «mostra chiaramente il rifiuto dell’Europa dеlla propria identità originaria».
«Come mai nei paesi in cui si parla di continuo della libertà di coscienza ci si imbatte in tali restrizioni? Se in una società civile la dimostrazione aperta, non aggressiva, della propria appartenenza religiosa non è possibile, allora dobbiamo porci delle domande sulla natura di questa società. Ciò significa che tutte le chiacchiere sulla tolleranza e gli appelli ad essa non sono che lettera morta, se non è possibile vivere e mantenere rapporti di buon vicinato senza perdere la propria identità», ha detto Vladimir Legoida.
A suo parere il problema, essenzialmente, si riduce al fatto che si vuole imporre l’idea che la religione è un fatto esclusivamente privato.
«Tale idea a mio avviso è errata, poiché la religione nella storia umana non è mai stata un fatto esclusivamente privato. Essa è, senza dubbio, una scelta individuale, ma ha sempre avuto una dimensione sociale, pubblica. In caso contrario, si cerca di costringere la persona a limitare la propria fede alla chiesa o al ristretto cerchio familiare e non le si permette di motivare con la fede tutto il proprio operato, anche in campo sociale, e ciò è un assurdo», ha concluso il presidente del Dipartimento sinodale per l’informazione del Patriarcato di Mosca.